CULTURE + ARTS > VISUAL ARTS
franzmagazinehttp://franzmagazine.com/
July 28, 2016
Tra monti di roccia, identità di plastica: lo sguardo critico di
Claus Soraperra de la Zoch
Dal 5 al 20
agosto, all'Istitut Ladin Micurà de Rü, Claus Soraperra presenta
Ladinoentropia. Nelle opere dell'artista uno sguardo disincantato sulle realtà
che popolano le incantevoli valli alpine, tra tradizione, standardizzazione e
mercificazione.
L’indagine
antropologica e l’espressione artisitica: il lavoro di Claus Soraperra de la
Zoch offre un punto di vista critico nei confronti dell’omologazione delle
identità alpine, con particolare attenzione a quella ladina. Di primo acchito,
le sue opere colpiscono per la giocosa rappresentazione dei soggetti; presto
però, affiora l’aspetto doloroso di un lavoro che ha a che fare con l’identità
e la dignità della propria terra.
Nella
presentazione di Ladinoentropia, la mostra che inaugurerari a breve all’IstitutLadin Micurà de Rü usi
questa curiosa espressione: “mezzi mediatici di distruzione di massa”. Da cosa
origina questa tua personale definizione di mass media?
Mi riferisco al potere subdolo che i mass
media da sempre detengono, il riferimento va al pensiero di autori come, ad
esempio, Karl Popper nel saggio “Cattiva maestra televisione”. Inutile dire che
questi strumenti non sono nelle mani della cultura… ma sono strumento attivo
del capitalismo e del consumismo e molti ancor’oggi ignorano le conseguenze
subconscie che essi possono causare.
In che modo la
mania dell’autoritratto, il selfie, può sminuire identità e appartenenze?
La mania del selfie permette
democraticamente a tutti di rappresentarsi, il rovescio della medaglia è che il
risultato non mette in luce aspetti identitari, non rappresenta “me stesso”, ma
quello che gli altri vogliono vedere di me. Il meccanismo è legato al sistema
dell’approvazione da parte della rete, un sistema a “senso unico”. Un po’ come
per la TV, che ammette solo gli applausi di approvazione… la rete contempla
solo il “like”.
Il tuo
lavoro si mostra critico nei confronti di un’iconografia ed un’identità che
definisci “pangermanistica-tirolese-alpina”, ovvero di una grossolana semplificazione
di quelle che sono le tante identità che animano le Alpi Centro-orientali.
Quali sono i tratti di questa semplificazione? Quali gli effetti negativi da
essa generati?
Il mio lavoro si pone come una lettura
dei fenomeni sociali ed antropologici. Credo che questa nuova identità “pangermanistica-tirolese-alpina”
sia un fenomeno che si sta plasmando secondo un meccanismo di domanda-offerta.
La crisi delle piccole identità è voluta da un turismo di massa che, ragionando
in maniera “globalizzata”, mira a raccogliere le piccole identità per crearne
una più completa ed diffusa, che rimandi ad un qualcosa di pseudo-storico, di
antico e affascinante. Un qualcosa che il turista cerca per dimenticare il
presente, un luogo dove tutto sembra essere vero…
In questo
quadro un po’ decadente e un po’ disneyano, in che condizioni si trova il mondo
ladino?
Il mondo ladino è impantanato in un’incapacità
di essere e in un dover apparire, a causa della politica e di un senso di
inferiorità nei confronti degli italiani e dei tedeschi. In questo il turismo
sicuramente è stato determinante, perchè ha prodotto il meccanismo della
domanda-offerta, cogliendo però i ladini impreparati, “indefiniti”, o meglio,
non-definiti dal punto di vista identitario. Dopo l’Accordo De Gasperi-Gruber/Gruber-De-Gasperi-Abkommen
del 1946, che ha visto la frammentazione stessa della Ladinia, l’avvento del
turismo è stato cruciale per la ricostruzione di tutto, senza che tutto potesse
essere salvato.
Quali sono
i caratteri della “entropia ladina”? Come analizza il tuo lavoro questa
situazione?
“Ladinoentropia” analizza il meccanismo di
costruzione o invenzione di una nuova identità, di nuovi Types of the
Dolomites, che non necessariamente devono essere sbagliati. Purtroppo, però, il
motore creativo di questo processo risulta appartenere alla specie dei selfie,
ovvero dell’essere ciò che gli altri vogliono che io o noi siamo. Si tratta
della risposta ad una aspettativa turistica ma anche politica, dove l’importante
per i ladini è comunque esserci o meglio, rimanendo in tema, esistere, salvarsi.
Che colpe
imputi ai Ladini?
Non imputo loro nessuna colpa, se non quella
di coscienza, coscienza del fare e non subire inconsciamente. Quando i ladini
riusciranno a non essere più ILadini, ma essere loro stessi, come
persone, allora ci sarà la coscienza necessaria a misurare tutte le scelte.
Sarebbe fantastico! Incredibile, poco pittorico, poco ladinoentropico, ma
affascinante.
Quali esiti
e quali auspici per il futuro del mondo ladino?
Il futuro risiede nei giovani, nella loro
formazione. Noi dobbiamo capire che già oggi sono cambiati i codici della
comunicazione, i tempi e i modi. Quello che era “buono” nel passato non sarà
mai “fresco” nel presente. Il futuro c’è già, bisogna coglierlo. Certo, prima
dobbiamo avere il coraggio di guardarci allo specchio e riconoscere il
presente, quello che abbiamo creato, assumendocene le responsabilità nel bene e
nel male…comunque vada, comunque Dada..
Foto: Courtesy of Claus Soraperra de la Zoch